Ore 7: latte. Ore 7,30: gioco sul tappeto. Ore 8,00: imbrigliati nel seggiolone con qualche «arnese» dei loro così posso scrivere. Hanno soltanto 8 mesi i miei due bambini e mentre accendo il pc fuori dall’orario di lavoro mi chiedo se sto facendo la cosa giusta visto che sottraggo tempo a loro… Ecco che la giornata inizia subito con un dubbio, il primo di una serie.
Perché la paura di sbagliare, di non fare le scelte giuste, è sempre in agguato. Loro non sono ancora abbastanza grandi per potermi giudicare (l’espediente dei cartelli con i voti dei figli a Chiara e marito è paradossale ma rende bene l’idea ) ma come si fa a stare tranquille se tutti, dal pediatra alle mamme navigate, ti ripetono fino alla nausea: quello che fai nel primo anno del bambino condizionerà tutta la sua vita, è in questi mesi che getti le basi e se le fondamenta non sono buone la pagherai finché campi…
Ecco, credo che un tempo, questa consapevolezza che può degenerare in ossessione non ci fosse o non fosse così forte. I neonati, per dire, venivano spesso “appaltati” alle balie senza porsi alcun problema. E comunque nessuno si sognava di mettere in discussione l’operato di un genitore: diventare madre e padre era qualcosa di “naturale” e socialmente codificato. Questo dava grande forza, sicurezza e molto potere.
Invece, come dice Chiara, “la nostra generazione ha come la sensazione di non essere mai all’altezza”, di essere sempre sotto esame, di non aver fatto bene i compiti… Con il ‘68 è andato in crisi il modello patriarcale di famiglia, si è persa la bussola del “buon genitore”, ognuno deve trovare la propria strada e fare la propria sintesi mettendo insieme i consigli di pediatra, psicologo, nonna, suocera, amiche… In più si è “scoperto” che i bambini anche piccolissimi non sono lavagne bianche o scatole vuote, ma persone con dei diritti. Anzi diritti e poteri. Si capisce che qualche domanda in più ce la si faccia.
Ecco io spero di riuscire a darmi risposte che mi convincano (e mi fortifichino) a tal punto da non diventare ostaggio dei miei figli. E del resto chi non spera di non provare tutta l’amarezza di Chiara quando considera: “Da bambina io ho studiato canto e mio fratello violino solo per farci dire da nostro padre che eravamo bravi. Oggi siamo noi genitori che cerchiamo disperatamente l’approvazione dei figli”.
Ma forse può essere d’aiuto la formidabile e decisiva domanda che sgorga dall’apparente fragilità di Chiara: “Lo sto facendo per loro o per essere amata da loro?” Ps: alla fine questa mezz’ora che mi sono presa ha sicuramente fatto bene a me. E forse anche ai bambini che imparano a stare da soli. O, come si dice adesso, iniziano a sperimentare piccoli momenti di autonomia…